Dracula spiegato agli Indifferenti o di come nasce una Leggenda
To my dear Hommy Beg.
Il 26 maggio 1897 a Londra un poco noto scrittore licenzia per i tipi della Constable & Robinson un romanzo dal titolo emblematico di Dracula.
Dopo questo, nulla sarebbe stato più lo stesso, nel mondo oscuro del romanzo gotico.
Tal scrittore era un impresario teatrale e amico intimo di Henry Irving. Era il direttore del Lyceum Theatre di Londra e sin dall’infanzia amava scrivere.
Il suo nome era Bram Stoker. Il padrino dei vampiri.
Anche se non fu il loro padre.
Ce ne sono almeno altri due. In fondo parliamo di non morti e con loro la promiscuità sessuale non è inusuale.
Andiamo con ordine.
Anche se la notte è lunga, poi finisce.
A VOLTE RITORNANO. E NON MUOIONO.
Come se fosse uno scherzo macabro, il primo di Aprile del 1819 Colburn pubblica sul New Monthly Magazine un racconto lungo, dal titolo Vampyre: a tale. L’autore accreditato è Lord Byron, ma in verità il vero padre è il suo medico, un giocatore d’azzardo compulsivo che si chiama Jhon Polidori. E senza volerlo aveva inaugurato la festa di funerale più lunga e prolifica della letteratura moderna.
La genesi di questa storia va ricercata nella noia.
La storia della vacanza di primavera più famosa e pazza della storia ve l’ho già raccontata. Sappiamo tutti com’è finita: alcol, donnacce, pessimo cibo, libri infernali e il desiderio di prendere a calci nel sedere il colonnello Bernacca che aveva mentito sulle previsioni del tempo.
Jhon Polidori, senza volerlo, come poi sempre accade in questi casi, ha creato un modello che sarebbe ritornato nel tempo senza interruzioni, ritornante e mai morto.
Il suo vampiro, epigone dell’amato/odiato Lord Byron; un amore mal riposto e non corrisposto, una stima a senso unico che di certo non poteva trovare terreno fertile nel gelido cuore di ghiaccio antartico del poeta inglese.
Il povero dottore che amava senza essere corrisposto: il crudele poeta e la piccola Mary, l’amante bambina del poeta Shelley che non aveva occhi per Jhon; l’amore, a volte, uccide.
Byron smentirà la paternità della storia e il dottore si farà saltare via il cervello.
Nonostante questo i vampiri sarebbero diventati gli invitati a tutte le feste che contano. Nessuno, nel bel mondo, si sarebbe permesso di non tenerli in considerazione. L’alta società inglese si sarebbe accorta presto che non morire ha i suoi vantaggi. E non solo quella inglese.
Dal 1819 arriviamo direttamente al famoso 1897. Però prima bisogna fare una fermata, obbligatoria, sotto alle due torri, più precisamente la Garisenda e gli Asinelli.
A BOLOGNA NON MUORE NEMMENO UN BAMBINO: MISTRALI E IL CULTO DEL SANGUE
Sul finire degli anni sessanta (del XIX secolo) a Bologna arriva un personaggio destinato ad essere dimenticato in fretta, ma che seppe rompere le scatole a persone come Carducci e Panzacchi (quello che da il nome agli omonimi viali bolognesi e che scriveva poesie) sempre e solo mezzo giornali.
Oggi ci lamentiamo di persone come Emilio Fede o Giuliano Ferrara, ma anche allora non stavano messi meglio. Il povero Franco Mistrali, parmense e nemico giurato del liberalismo, giornalista, anticlericale convinto e, come diceva lui, noto scrittore in mezza Europa, forse non viene più ricordato per la sua opera sul Vangelo o Maria Maddalena, ma di certo è giusto tenerlo a mente tra gli scrittori che contano qualcosa.
Non fosse altro perché nel 1861 scriverà I racconti del diavolo. Storia della paura e nel 1869 ne riutilizzerà i contenuti per scrivere il suo romanzo più famoso (ma sempre dimenticato da tutti) ovvero Il Vampiro. Storia vera.
Sapete, l’immagine in testa a questa storia non è stata scelta a caso: non solo perché è opera del Capofficina, no; non è auto celebrazione pura ma dovete sapere che è il cimitero di una località vicina a dove Mistrali morì nel 1880, ovvero Porretta Terme che ai suoi tempi possedeva i bagni termali più belli d’Europa (e oggi tristemente in rovina, parafrasi del malcostume) che comunemente erano chiamati “i bagni della Porretta”.
Come ricordato poco sopra, qui parliamo di Dracula e di Stoker, quindi vi prometto che parlerò di questo meraviglioso libro un’altra volta, ma era importante ricordarvi che come per l’Heavy Metal noi italiani un po’ di pepe al culo agli inglesi lo abbiamo sempre messo.
Di certo Stoker conosceva il romanzo e forse lo aveva anche letto, se non altro per farsi un’idea di cosa gli altri ne pensavano dei non morti che ritornano a tormentare i vivi.
In ogni caso, una gita sotto le due torri la consiglio sempre a tutti, anche a chi non ama particolarmente il romanzo gotico. I tortellini da noi, li mangiano anche i vampiri, ve lo giuro…
MA TU CONOSCI VLAD L’IMPALATORE E I VAMPIRI DEL NEW ENGLAND? DOVEROSA FERMATA IN BIBLIOTECA PER DOCUMENTARSI ALLA GRANDE
Tutti sappiamo che il Conte Dracula è un vampiro. E che di certo Stoker s’ispirò al vero Vlad III voivoda di Valacchia. Lo aveva scovato in biblioteca e da bravo scrittore ci aveva ricamato sopra. In fondo non ha fatto nulla di diverso da tutti i suoi colleghi. Ha preso delle fonti storiche e ne ha fatto quello che gli è parso doveroso fare. Magari mentre era nella vasca da bagno, o a cena con la moglie una vocina tenebrosa nella sua testa gli ha detto che Vlad viene dal nord Europa e che beve sangue. Di certo sappiamo che come ogni scrittore degno di tal nome teneva un moleskine sotto il cuscino e che una notte tormentata aveva sognato qualcosa che poi sarebbe finito per diventare il più famoso romanzo gotico di sempre. Chissà, magari a cena aveva mangiato troppa Cottage pie, questo non lo sappiamo. Però sappiamo che dopo quella notte ogni cosa sarebbe stata diversa.
Se abbiamo certezza pressoché scientifica del buon vechio Vlad, non possiamo davvero pensare che Bram non avesse attinto la penna in altro sangue.
A quanto pare, da ultimi studi effettuati su alcuni suoi taccuini, tra le sue carte sono stati trovati dei ritagli di giornale inerenti uno strano episodio avvenuto nel New England nel 1892 e noto come “New England vampyre panic”.
Secondo le fonti giornalistiche una giovane ragazza era “accusata in contumacia” se così si può dire, di aver ucciso tutti i suoi familiari perché tramutatasi in vampiro. A nulla era valso far esumare il suo cadavere, dargli fuoco e far bere al figlio superstite le ceneri della sorella. Il povero signor Brown aveva visto morire anche l’ultimo dei suoi figli, dopo la povera Mercy e la moglie. A quanto pare la vera colpevole fu la tubercolosi, ma in quegli anni era più semplice pensare a un vampiro piuttosto che a una malattia incurabile (Non che oggi sia molto diverso, sia chiaro, ma almeno una volta non avevano internet per lanciare strampalate ipotesi di complotto).
Ed è adesso che le cose si fanno interessanti…
ISTRUZIONI PER VICINI E FAMILIARI CHE VOGLIONO TENTARE DI CAPIRE COSA STA DENTRO LA TESTA DEL LORO CONGIUNTO CHE PER CAMPARE FA LO SCRITTORE: MANEGGIARE CON CURA – MATERIALE BIZZARRO.
Come detto sopra gli scrittori sono creature strane, che prendono a prestito storie che non riportano indietro; usano e gettano senza riguardo e a volte sono pure degli infedeli ingrati. Gli scrittori prendono le loro idee dalle cose più assurde che possiate anche solo immaginare e spesso le assemblano nei posti più improbabili: Agatha Christie raccontava di trovare l’ispirazione in bagno; Stevenson scrisse Jekill e Hyde in tre giorni: la moglie lo trovò terrificante e quindi finì nel camino. Lo riscrisse in altri tre giorni e la storia la conosciamo tutti. Robert Stroud, pluriomicida rinchiuso in isolamento per quarantadue anni scrisse due trattati fondamentali sui canarini avendo solo loro come compagnia. Coleridge compose il suo famoso poema, il Kubla Kan dopo una notte passata tra gli incubi da oppio. Alcuni invece sono creature inquietanti che traggono ispirazione dai loro crimini: Jack Unterweger, il serial killer che scriveva di riabilitazione degli ex detenuti o Marco Mariolini, il cacciatore di anoressiche.
Per fortuna non tutti però sono esseri così mostruosi; magari bizzarri, ma innocui.
Di certo Stoker era inserito perfettamente nel suo ambiente. Un vittoriano fatto e finito. Con una moglie che le malelingue consideravano frigida e una bella serie di amanti tra le starlet del teatro; in fin dei conti ho la sensazione che l’epoca vittoriana ci sia entrata dentro fino ai calzini, non trovate anche voi? Insomma, l’abbiamo introiettata benino, mi sembra. Non faceva nulla di così strano.
Ovviamente gli accademici trovano che l’ispirazione per il romanzo gli sia venuta da Vlad Tepes III l’Impalatore, da Mercy Brown e magari dal (malsano) rapporto che aveva col suo amico Henry Irving, di cui divenne schiavo consenziente e confidente e per il quale magari nutriva una qualche forma d’amore.
Personalmente mi piace pensare che una delle sue fonti d’ispirazione fosse più prosaica e meno romantica, per così dire. Credo che un ruolo, magari secondario ma persistente, sia stato svolto da quel sentimento, squisitamente vittoriano che Erica Jong riassume benissimo nell’incipit del suo romanzo Paura di volare :”In viaggio verso il congresso dei sogni ovvero la scopata senza cerniera”. Da bravo abitante del suo tempo, Stoker sognava cose che con sua moglie non avrebbe mai potuto realizzare.
Insomma, per farla breve, ho la sensazione che la fonte primaria di questo romanzo non sia tanto l’idea, del tutto corretta, lecita e romantica del condottiero caduto in disgrazia, ma quella che viene, per citare Stephen King, dalle “signorine che s’inginocchiano” e che non porteresti a far conoscere alla mamma.
In fin dei conti Dracula è un romanzo d’avventure condito da piccanti scene di sesso figlie del loro tempo.
Come molti prima di me hanno fatto notare, i vampiri vittoriani sono, per utilizzare il DSM IV, sessualmente inadeguati. In pratica sono rimasti fermi alla fase orale, per citare il vecchio Freud. Si eccitano davvero in maniera spropositata, ma alla fine della fiera riescono a finalizzare solo coi denti e la bocca.
In pratica continuando a citare Erica Jong, i vampiri sono come il “disc jokey dallo spinello facile” di Isadora, la protagonista di Paracadute & Baci. Con la differenza che a Dracula, a quanto pare, non s’inturgidisce nulla la sotto. Mai.
Il vecchio Bram sapeva il fatto suo e aveva capito, da buon impresario teatrale, che se avesse mostrato un po’ di ragazze inginocchiate interrotte da porte che si aprono sarebbe finito dritto dritto nel Gotha di chi conta davvero.
“SONO SOLTANTO UN DOLCE TRAVESTITO DALLA TRANSESSUALE TRANSILVANIA”. ECCO COSA SUCCEDE SE GLI LASCI SOLI A FAR BISBOCCIA…
In tutta questa ispirazione da inginocchiatoio pero’ non dobbiamo scordarci del padrone di casa, ovvero il Conte.
Non è che lui se ne rimane con le mani in mano, no.
Harker è giovane e forte e ha baci per tutti loro.
Anche se il vecchio Conte non lo ammette con franchezza, è attratto da quel bel ciccio londinese.
Il punto è che nel 1897 non è che potevi parlare di omosessualità con franchezza genuina. Nemmeno di bisessualità.
Il Conte è di certo bisessuale e non ne fa mistero. non lo trovate scritto da nessuna parte, ma se non sei un ingenuo perso allora lo capisci. Non si brama il collo e il sangue di un giovane solo perché possiede la giovinezza; lo si brama per il potere sessuale potenziale che il giovane sprigiona. Il Conte lo desidera esattamente come desidera Lucy e Mina.
Ma se Lucy la può prendere senza remore trasformandosi nella Bestia, il lupo che tanto richiama il potere sessuale con Jonathan le cose sono diverse: lo possiede per procura attraverso le sue spose. Le stesse morte dai lombi in giù che però sanno come far felice un uomo, e lo fanno in tre. Non vi ricorda qualcosa maschietti? O state mentendo sapendo di mentire oppure siete Armin Maiwes.
Credo che il miglior riassunto del romanzo di Stoker però venga da un vecchio musical diventato in fretta e furia oggetto di culto e Film di Mezzanotte: Rocky Horror Picture Show.
Richard O’Brien ha capito tutto. Questo gioiello è un gran casino freudiano e la miglior spiegazione delle fonti d’ispirazione del vecchio Bram. Ci sono vampiri, mostri sessuali, vergini, dottori infoiati, dottori matti, servitori fidati, fidanzati proibiti e soprattutto, come nella miglior tradizione vittoriana creature che vengono da fuori. E che portano scompiglio.
Sono personaggi oscuri ma al tempo stesso comici. Riassumono senza veli cosa passava per la testa di un lontano impresario d’epoca vittoriana che si accinse a scrivere un romanzo, che per caso è diventato il classico dei Classici per antonomasia.
Ogni livello della storia di Dracula funziona perché va a toccare parti scoperte del nostro subconscio: risveglia le paure e le pulsioni primarie. I nostri bisogni vengono soddisfatti anche se a volte ci aprono la porta prima che la signorina inginocchiata abbia finito. Possiamo andare in luoghi esotici che prima non sapevamo nemmeno che esistessero, viaggiare per mare dentro bare piene di terra e avere tutto quello che vogliamo.
Star svegli di notte e dormire di giorno, come dice Kiefer Sutherland in Lost Boys.
Il vero motivo per cui si leggono le storie di vampiri.
Ed è anche il motivo per cui si scrivono; per vivere dentro un mondo che momentaneamente è solo nella tua testa e che solo tu puoi vedere e controllare. Per il potere che tutto questo arreca. L’idea onnipotente di poter controllare a piacimento un esercito di non morti che sono al tuo servizio. Anche se tutto questo è solo un illusione, non sei tu scrittore a controllare ma viceversa: sono le tue creature che decidono cosa fare, come fare e quando farlo. Si servono di te, del tuo innato bisogno di scrivere per uscir fuori a respirare. E ho la sensazione che per Bram Stoker sia stata la stessa cosa; schiavo di pulsioni sessuali che dovevano uscir fuori. Come si dice: impara a capitalizzare le tue ossessioni; arreda il tunnel e invitaci gli amici per Natale.
Il Rocky Horror è la festa di compleanno più pazza della storia.
Racconta la nascita della creatura della notte più dolce che possiate immaginare; non è solo Dracula ad essere spiegato, in una catarsi doverosa e reverenziale si mettono le basi anche per spiegarci due cose che non avevamo capito sul mostro senza nome del dottor Viktor Frankenstein (che ha studiato medicina presso l’università di Ingolstadt, non sapete cosa darei per andare a studiarci antropologia!) ovvero che quando si gioca a fare e disfare a volte succedono delle cose interessanti.
A un certo punto Janet e Rocky (l’equivalente in calzoncini dorati del mostro) si ritrovano soli, (e spiati da Magenta e Columbia) a la scena che ne segue è in un cero senso la vendetta di tutte le porte che si sono aperte troppo presto nel romanzo di Stoker: si abbandonano senza freni.
Janet gli dice di toccarla, di farle venire i brividi, farla fremere e riempirla. Senza mezze misure; è la vendetta di tutti quelli che sul più bello sono stati interrotti.
Come da vittoriana tradizione noi non vediamo la consumazione, ma sappiamo. E il dottor Frank’n’Further, esattamente come il Conte vampiro, si arrabbierà coi due consumatori. Andando avanti capiremo che in realtà tutti quanti ci hanno dato dentro tra loro, in un’anarchica convention democratica e libertina, ma poco importa. Le mogli sono state vendicate. E a farlo è stata la creatura senza nome nata nella stessa fortunata notte di tempesta.
LA FESTA E’ FINITA BAMBINA, E’ ORA CHE TI RIPORTI A CASA PRIMA CHE CHIUDANO I CANCELLI
Forse ho chiesto troppo, ma credo davvero che l’ispirazione provenga da posti che normalmente nessuno frequenta, almeno a livello cosciente. Nemmeno gli scrittori di professione, da svegli, ci vanno. Sono tutti quei posti che nella frenesia del quotidiano nemmeno percepiamo. Ma ci sono. Aspettano. E sognano. Anche mentre noi non siamo lì.
Forse ho chiesto troppo persino alla fantasia di Stoker, ma non credo di essere andata poi così lontano dalla realtà nuda e cruda dei fatti.
I vampiri sono immortali proprio perché vivono in quella dimensione in cui ogni cosa accade. Dove l’illecito diventa lecito. E dove il lato selvaggio che ogni creatura possiede ha la libertà di sgambare senza sensi di colpa, senza le paure che avvolgono il quotidiano. Il lato goliardico e sensuale dell’umano troppo umano qui sono la norma. Anche se la norma perde di senso e significato, sfuma in una lenta disgregazione del reale e del percepibile.
Il vampiro allora è dentro di noi, siamo noi.
La creatura sensuale e affascinante e al tempo stesso ripugnante e aliena, fuori da noi. Che ci attrae e respinge nel medesimo istante. Il vampiro che eternamente ritorna.
E che può dormire tutto il giorno e far festa tutta la notte….
Mentre leggete potreste ascoltare l’omaggio che gli Iced Earth hanno fatto al vampiro di Stoker. A me fa impazzire, ma è pur vero che il mio esoscheletro è, per così dire, transilvano e un po’ confuso…
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