Taylor Murder

William Desmond Taylor. Ovvero Taylorologia: i misteri di Alvarado Street. Guida (ir)ragionevole a come risolverli

Oggi il nome di William Desmond Taylor non dice molto, è un’ombra tra le ombre del passato del cinema, a meno che non siate cinefili o esperti del settore la sua ombra non vi è familiare e non si staglia più imponente sulle altre.
Negli anni venti però le cose erano molto diverse: era l’uomo di punta della “Famous Players Lasky”, una controllata della Paramount Pictures (nel 1927 si fonderà con quest’ultima) e presidente dell’associazione registi. Era un cinquantenne colto, affascinante e pacato, non era certo un fracassone come Arbuckle e non faceva mai parlare di sé. Forse perché i grandi peccatori preferiscono rimanere defilati.

Questo almeno sino al febbraio del 1922.

La mattina del 2 febbraio venne ritrovato senza vita nel salotto del suo bungalow.
Questa storia è “cosa da cinefili” solo in apparenza perché il fattaccio brutto di Alvarado Street è di quelli che ancora oggi toglierebbero il sonno a qualsiasi poliziotto degno di questo nome.
Siamo a Hollywood, giusto? Bene: a me gli occhi e le orecchie allora, perché la storia (vera) che sto per raccontarvi ha ispirato tante altre storie (fasulle) tra libri, film e televisione.1

Allora, andiamo con ordine.

 

“HANNO UCCISO IL BADRONE!” 

Siamo di fronte ad un esclusivo bungalow di Alvarado Street nel quartiere di West Lake a Los Angeles, è mattina presto, sono circa le 7,30 e fa freddino (è il 2 febbraio anche in California) quando lungo la strada un o strano intermezzo  risveglia il quartiere: un buffo uomo di colore in abiti da golf si mette ad urlare che “hanno ucciso il signore” (a dire il vero i giornali del tempo riportavano la notizia con meno grazia).
I benestanti e alla moda residenti della zona confabulano tra loro di fronte alla porta aperta, quella del “signor” William Desmond Taylor.

 

Bungalow Alvarado Street

La casa dell’elegante William Desmond Taylor vista da fuori

L’urlante maggiordomo di colore aveva risvegliato l’interesse dell’assonnata dirimpettaia, che a quelle grida si era ridestata del tutto.  La signorina si chiamava Edna Purviance, la (musa di Chaplin) quale non perse tempo e telefonò subito all’amante (certa) di “Bill” Mabel Normand, la frizzantissima spalla comica di Fatty e per par condicio anche a quella troppo giovane per essere annoverata tra le conquiste ufficiali, ovvero Mary Miles Minter, all’epoca diciannovenne.
Il messaggio venne intercettato dall’amabile “mammina cara” Charlotte Shelby, che secondo i bene informati non disdegna nemmeno lei le attenzioni del focoso “Bill”.
Mentre Edna intratteneva tutte queste “amiche” Mabel non perdeva tempo.
Passò voce anche a Charles Eyton, il general manager della FPL; qui le cose iniziano a farsi complesse. Secondo le voci dei pettegoli fece rubare alcuni documenti “compromettenti” dall’attore George Opkins e soprattutto, questa voce è forse più fondata, decise di ricambiare il favore ricevuto telefonando a sua volta al capo supremo della Paramount, Adolphe Zukor (non dimenticate questo) in persona.
ovviamente mentre tutti questi amici s’intrattenevano telefonicamente (adesso capite perché sono stati inventati Wathsapp e Telegram??) all’esterno la folla dei curiosi cresceva in maniera esponenziale e con lei anche le cose strane. Un sedicente presunto medico entrò nel bungalow dichiarando poi che Taylor era morto “per cause naturali”. Nessuno lo rivide mai più.
I più magnanimi dissero che si era vergognato.
Perché in verità l’avvenente regista era morto per un unico colpo all’addome, ma chi può dirlo; forse il medico era un vero cowboy texano che considera “naturale” morire per un colpo d’arma da fuoco. In fondo siamo dentro una storia dove verità, presunte verità, impostori, fasulli e presunti protagonisti si fondono assieme, un vero e proprio esempio di teatro Kabuki nel mondo (solo per caso) reale.
L’ultima invitata alla festa è ovviamente la polizia.
Tom Ziegeler, tenente della polizia di L.A. (non) è il primo ad arrivare sulla scena.

 

FACCIAMO FESTA! MA VOI NON SIETE I BENVENUTI… BEH, PAZIENZA, TANTO NE INIZIA DI CERTO UN’ALTRA

Sta di fatto che William “Bill”  Desmond Taylor è morto e stecchito da un pezzo quando gli inquirenti arrivano sulla scena, e si trovano di fronte a una scena surreale, in fondo non siamo ad Hollywood?
Il fuoco del camino è acceso, dentro ci sono lettere e documenti del morto.
Da questo punto in poi ogni cosa diventa nebulosa e incerta. Gli accademici non concordano sempre sui veri colpevoli, i pettegoli ovviamente lanciano secchiate di benzina sull’incendio e il tutto da teatro Kabuki diventa dramma shakespiriano e farsa.
Come dicevamo prima fuori fa freddo e il caminetto del bungalow è acceso, Eyton e Zukor si sono dati un bel po’ da fare per eliminare eventuali tracce di ricreazioni illecite del morto.

 

Interno bungalow Taylor

La casa dell’elegante William Desmond Taylor vista da dentro

 

Secondo quel pettegolo sublime di Kenneth Anger la stessa Edna Purviance sovrintende all’allegro barbecue nel caminetto, nel frattempo il buon Eyton provvedeva ai resti dell’Orange Blossom e a tutta l’altra “bumba” presente in casa. Non fosse mai che si scoprisse che a casa dello stimato regista hollywoodiano William Desmond Taylor il diciottesimo emendamento veniva violato ripetutamente e con recidive frequenti. Intanto Zukor da bravo “maggiordomo dei divi” ripuliva i resti di eventuali festini sessuali.
In mezzo a tutto questo frenetico delirio la povera Mabel Normand cercava in tutti gli angoli le sue lettere d’amore, affinché non cadessero nelle mani di malintenzionati giornalai curiosi.
Non dimentichiamoci poi della povera piccola Mary Miles Minter, la diciannovenne in lacrime, come pure il povero maggiordomo Peavey, l’urlatore in abiti da golf.
Quindi, quando finalmente Ziegeler e compagnia giungono sul posto il povero William Desmond Taylor è ancora riverso al suolo, più morto che mai, attorniato da questa improbabile fauna di abitanti della colonia cinematografica intenta a ripulire le eventuali prove di vita reproba.

A questo punto bisogna fermarsi un attimo per fare il punto della situazione.

Hollywood è da sempre un luogo fuori da ogni altro luogo, un posto a sé con le sue leggi non scritte, i suoi regolamenti e le sue istanze che non sempre corrispondono a quelle del mondo normale.  Ogni cosa si amplifica, diventa più grossa e la normalità degli eventi qui è per forza di cose anormale, malata.
Soprattutto, e qui farò la felicità degli appassionati di numerologia, si ha come la sensazione che questo 1922 fosse davvero un anno che definire sfigato sia fargli un complimento.
Il biennio 1921/1922 fu per un certo verso sublime (Haxan) ma anche tragicamente impalpabile, maldestro, tremendo, crudele, e tremendamente mortale.
Roscoe Arbukle era sotto processo per stupro e omicidio, Olive Thomas, “la fidanzata d’America” e moglie di Jack Pickford era morta facendo sapere che entrambi avevano dei problemucci con l’eroina e Wally Reid era in caduta libera direzione manicomio a causa della morfina.
Non stupisce nessuno quindi che il panico alla Paramount fosse diventato pavor nocturnus, l’intero sistema era a rischio di morte violenta; ogni settimana i giornali di tutto il paese strombazzavano scandali e se non ce n’erano li costruivano di sana pianta: tutti tentavano di salvare il castello.
Nonostante la solerzia dei boss la polizia fece delle scoperte interessanti nel bungalow: foto pornografiche del morto in compagnia di riconoscibilissime dive, una collezione di lingerie femminile corredata da cartellini con iniziali e date, il tutto conservato in un armadio a muro e le famigerate lettere di Mabel, nascoste dentro uno stivale da cavallerizzo.
Perché nascondere le lettere della diva in uno stivale? Perché stava cercando di aiutarla con la sua dipendenza, un “problemuccio” che all’epoca le costava mensilmente 2000 dollari (del 1922) in cocaina.

Tra la vaporosa collezione di William Desmond Taylor venne ritrovata anche una camicia da notte rosa e piena di pizzi e tulle con l’inequivocabile monogramma MMM: i maliziosi insinuarono che grazie alla crittografia vi avevano scoperto la vera identità dell’amante. Ovvero tutti dicevano che fosse della Minter, la risposta Paramount a Mary Pickford e la cosa non fu esattamente un toccasana per la sua carriera.

 

Mary Miles Minter youth

Mary Miles Minter in bellezza e gioventù finché morte non ci separi…

 

Inoltre lo stesso monogramma era su una missiva (anch’essa rosa e frivola) d’amore: per le testate scandalistiche fu come fare il bagno nello champagne, ma non certo per tutte le stelle coinvolte.
Una lunga teoria di divi passò per il commissariato. Il circo era in città. Di nuovo. E ovviamente tutti i giornali saltarono sopra il  cadavere putrefatto del povero William Desmond Taylor a a passo di danza, morto senza un perché e sui condannati a morte cinematografica certa. Nessuna pietà quando la tua stella smette di bruciare da tutti i lati.
La Minter a causa del ritiro forzato reagì ingozzandosi, cambiando forma mentis e anche forma corporis.

 

Mary Miles Minter fat

Alibi vero est medium. Per caulas corporis…

 

La Normand, che di li a pochi mesi sarebbe stata travolta come un treno dal buio degli schermi, era in fila fuori dall’ufficio di Ziegeler. L’ennesima stella spenta; prima la fine tragica del sodalizio con Fatty, travolti in una caduta mortale verso il basso e poi la fine con la Effe Maiuscola nel 1924, a causa di un ennesimo scandalo lurido a base di sesso, droga e alcool.2
In quel periodo una rivista scrisse che forse Normand era “troppo adulterata per il consumo familiare”. Sarcasmo non del tutto fuori luogo ma di infimo gusto, nonostante fossero pochissimi a salvarsi da questo commento.
Mabel era la portabandiera del genere Slapstick “inventato” da Mack Sennet, che fu per tutta la vita amico, amante e mentore della famosa attrice. Oggi il suo nome non ci dice molto, ma era la sua musa ispiratrice. Erano le comiche alla polverina, prima di questi episodi si poteva usare un personaggio dall’emblematico nome di Coke Ennyday (coca ogni giorno). Un poliziotto con un nome che è tutto un programma. Si poteva scherzare su certe cose, prima che la vita reale irrompesse non invitata sui dorati viali di Hollywood.

 

Mabel Normand

La piccola Mabel, un ultimo sorriso, amaro….

Mary Pickford, nel suo eremo intonso di Pickfair e immune allo scandalo disse ai giornalisti che “avrebbe pregato”. Forse pregava perché nessuno mettesse mai il naso negli affaracci suoi.
Nel frattempo si cercava l’ex maggiordomo, tal Sands, un pregiudicato noto alle forze dell’ordine che secondo i soliti sempre ben informati altri non era se non il fratello minore del buon Taylor.

E qui la storia diventa Storiaccia.

 

IRELAND MOST WANTED E ALTRI STRANI PERSONAGGI CHE POTREBBERO PIACERE A LILLY RUSH

Perché William Desmond Taylor di New York era in realtà William Cunningam Dane – Tanner, nativo della verdeggiante Irlanda e fuggiasco da una moglie e una figlia sin dal 1908 (la figlia, che lo riconobbe sullo schermo, era anche attore, riallacciò più tardi i rapporti col padre).
Lo stesso fratello, il cui vero nome era Denis fece altrettanto nel 1912; quindi nessuno si meravigliò quando “Sands” sparì nel buio (di una sala cinematografica?).
Hollywood rischiava di chiudere bottega a furia di scandali, i divi continuavano la loro corsa pazza al buio, illuminati solo dalla fioca luce degli schermi sempre più fiochi, rincorrendo un effimero successo incerto e pericoloso, perché poggiato su una sottile base di celluloide.
Le indagini andranno avanti per anni; interi faldoni ormai polverosi sono stati scritti e riscritti. Esiste addirittura un sito internet dall’intrigante nome di “Taylorology”che tenta di mantenere vivo il ricordo di un crimine così efferato. Nel 2012 la sua città natale, Carlow, istituirà il “Taylorfest“, festival delle arti in sua memoria.
Soprattutto però questo è un “cold case“, un omicidio irrisolto che rimarrà tale: Farà la fine di Jack lo Squartatore, anche se qui potremmo avere una Jane la squartatrice. Le cose non cambieranno molto, i protagonisti sono in ogni caso tutti morti, anche se sarebbe giusto, in memoria di un uomo dal passato incerto che ha avuto un presente fulgido trovare il colpevole.
E’ paradossale la mancanza d’identità dell’assassino di un uomo che al contrario ne possiede due. Uno Nessuno Centomila che nell’affollata sala d’attesa dei perché rimasti muti fa un rumore stridente, anche nel silenzio del cinema muto. Un omicidio irrisolto è una ferita nelle vite di chi vi si trova suo malgrado invischiato. Le vittime, i carnefici, gli amici, chi ama e chi odia. Tutti, irrimediabilmente, rimangono con la domanda che nessuno vorrebbe mai dover fare.
King Vidor, il famoso regista, raccontava spesso che la stessa Minter gli aveva confidato che la colpevole era la madre Charlotte Shelby, gelosa per aver trovato la figlia nel bungalow dell’uomo, colpevole di essere più vecchio di trent’anni della figlia e di preferirla a lei. Secondo persone informate sui fatti la Shelby aveva versato una cosa come 750 mila dollari per il silenzio della polizia. A quanto pare era amica intima di Thomas Lee Wolwine, il procuratore distrettuale di Los Angeles.
In ogni caso, tra la cocainomane Mabel, la gelosa stage mother Shelby, la povera e delicata Mary, il fratello – maggiordomo, il medico fuggiasco, chissà chi altro, tutti ormai sono passati a miglior vita. L’omicidio di William Desmond Taylor non cade in prescrizione ma quando la Signora vestita di Nero con la Falce in una mano viene a prenderti, allora anche l’omicidio cade nell’oblio.

 

William Desmond Taylor

William Desmond Taylor: con affetto a MMM

 

Di certo il caso di William Desmond Taylor colpisce ancora a distanza di 95 anni per diversi motivi.
Ci sarà sempre qualcuno come me che vi dirà la sua su questa storia, non fosse altro per il mistero nascosto dietro la poltrona preferita del povero Desmond, per la morbosa attrazione verso la vita segreta dei divi e ancora di più per la shadenfreude che inaspettatamente si prova, senza volerlo, sia chiaro, verso queste cose.
Questa storia drammatica che  è al tempo stesso comica, come solo una vicenda hollywoodiana può essere, quando la vita si insinua dentro la fantasia superandone le istanze e la possibilità.
Tanto cinematografica da sembrare finta.
Una lunga scia di voci che si perdono rimbombando nel buio della (ormai vuota) sala cinematografica, nel silenzio delle notti brave dei divi che rincorrono la fama nel terrore dell’ orror vacui che li aspetta.
Quando meno lo vogliono.
Senza scampo. Perché la fama è una divinità cattiva e malevola sempre affamata…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1. Gore Vidal, nel 1990 scriverà il racconto Hollywod, resoconto romanzato della vicenda.

2.  Durante i festeggiamenti per la fine anno del 1924 in compagnia della sua carissima amica Edna Purviance il milionario Courtland Dines venne ferito da un colpo di pistola, inferto dal suo autista, che a quanto pare era infatuato della Normand e geloso delle avances riservatele durante la festa.

Categorie: Al peggio non c'è mai fine, Arte del Crimine, Biografie, Cinema, Cinematografo, Personaggi, Spettacolo

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