E’ solo un film! Non è divertente…. ma ti ha spaventato!
Tutti i protagonisti e gli eventi di questo film sono fittizi. Eventi simili o attuali o persone vive, morte (o non morte) sono puramente accidentali.
A volte ci si ritrova seduti al buio, di notte, con solo la flebile luce di una torcia ad illuminarci assieme ad un gruppo di amici e qualcuno pone la domanda cruciale: Qual’è secondo voi il più terrificante film horror della storia?
Qualcuno dirà L’esorcista! Scandendo con ansia il titolo, qualcun’altro potrebbe uscirsene con amenità del tipo “io non ho paura di nulla” oppure, senza nemmeno pensarci un attimo tutta la filmografia di Dario Argento…. se io fossi seduto in quel cerchio non avrei esitazioni, perché è un film che ancora oggi mi mette una grande ansia e mi fa girare la testa all’indietro per controllare che sia davvero solo e non male accompagnato. A dire il vero non è nemmeno un film canonico, potremmo definirlo un cortometraggio anche se a dirla tutta è un videoclip. Non è il video di qualche brutale band Heavy Metal, no… non è nemmeno uno dei miei eroi musicali.
Quindi? Il cortometraggio che più di ogni altro mi fa venire la tremarella è proprio quello lì. Thriller del signor Pop in persona, Michael Jackson.
Mi pare fosse il 1984 o l’85 la prima volta che lo vidi. Non ricordo con precisione, ma ricordo la fifa blu che mi fece; nonostante siano passati più di trent’anni, quando lo vedo provo ancora le stesse identiche emozioni. La sensazione di avere qualcuno (o qualcosa) alle spalle che mi guarda e aspetta che mi distragga per saltarmi al collo e uccidermi. E’ la perfetta e quintessenziale storia Horror, tredici minuti e quaranta secondi di puro e autentico Terrore, di quello con i contro attributi, quelle storie che Stephen King definisce Storie dell’ uncino, anche se non è solo questo Thriller, è molto di più (e non è esattamente una canonica storia del’uncino).
Michael Jackson era a Londra quando vide Un lupo mannaro americano a Londra, capolavoro di Jhon Landis e (non mi meraviglia) se ne innamorò all’istante, decidendo che il videoclip del suo singolo sarebbe stato un bel horroraccio anni cinquanta. La Epic Records non la pensava come lui (cannando clamorosamente) costringendo Michael al caro vecchio fai da te. Il video è diventato uno dei più importanti della storia della musica, un piccolo e perfetto gioiello, un tributo al vecchio cinema che fu, quello dei mostri che escono dal buio e dalla nebbia e che sono fatti in lattice, cerniere lampo e pelliccia, non in pixel.
Michael Jackson era un testimone di Geova e quindi si vide costretto a specificare all’inizio del video clip che
“a causa della mia forte convinzione personale, desidero sottolineare che questo film in alcun modo approva la credenza nell’occulto” .
Non importa molto, visto che Jhon Landis ha girato un vero e proprio tesoro del cinema horror, un piccolo tesoro, uno scrigno di puro terrore, un omaggio al cinema della AIP, un tributo a Michael Landon e a I was teenage werewolf e a tutti gli adolescenti problematici e brufolosi tanto cari allo star system.
Quincey Jones, produttore insieme a Michael del cortometraggio (perché in fin dei conti di questo si tratta) disse una cosa fondamentale: che la canzone senza il video non aveva senso, quella specie di rap alla Edgar Allan Poe di Vincent Price grazie alle immagini trova un senso, tutto il pezzo vive di vita propria e lo deve a quei tredici minuti immersi nella nebbia e al buio. La prima volta che lo vidi rimasi scioccato, ero uno scolaro delle elementari, credo di essere stato al massimo in terza e vi giuro che mi spaventai a morte.
Come già ricordato il video inizia con il tributo ai vecchi film di serie zeta dei drive in, Michael è al cinema con la sua fidanzata, ma lei sembra non gradire affatto il filmaccio, al contrario di lui, che con addosso la giacca più famosa della storia della musica mangia felice e beato (come avrei fatto io!!) il suo pop corn, è soddisfatto dei soldi del biglietto, mentre tutto il resto del cinema è terrorizzato e con ragione, visto che sullo schermo c’è la terrificante metamorfosi dell’attore in lupo mannaro, anzi in un gattone mannaro dal folto pelo e le grosse unghie; (come spesso accade ai cultori del genere) la sua dolce metà è disgustata ed esce dal cinema, su cui campeggia una sanguinolenta scritta Vincent Price Thriller a monito dei posteri; a ricordarci che sicuramente succederà qualcosa di davvero brutto e non manca molto perché la profezia si realizzi.
Di lì a poco succede un gran casino. Michael riaccompagna a casa la sua ragazza (Playmate di Playboy 1980) attraverso un paesaggio immerso nella buia nebbia della desolazione urbana quando per qualche oscuro motivo tutti i morti del cimitero che costeggia la strada si svegliano dalla tomba. Landis è un maestro del genere e i suoi morti viventi hanno ognuno la propria storia (e il meraviglioso trucco di Rick Baker direttamente da Un lupo mannaro americano a Londra) e la si legge dalle pieghe degli abiti, dai resti delle acconciature, dal modo in cui si muovono: ci sono giovani donne, vecchie signore, operai, anziani dandy e uomini troppo grassi anche da morti. Si muovono lenti, appesantiti dal rigor mortis e da anni dentro tombe dimenticate. Ma sono vivi a modo loro ora, e liberi di andare in giro per la terra; uno esce da un tombino mentre un altro, che mi ha sempre messo una gran fifa, perde un braccio lungo il cammino. Può camminare stolidamente anche senza un braccio….Adesso sono circondati. E inizia uno dei balletti più terrificanti che io abbia mai visto. Mai zombi sono stati così stilosi. Sono vivi, ma al tempo stesso ingessati; di certo Jackson era un grande ballerino, ma dietro di se ha dei professionisti mascherati e terribilmente (è il caso di dirlo) bravi. Bravi da far Paura. Così bravi che rimani lì a fissare lo schermo anche alla centesima volta, perché ad ogni visione noti un particolare che la volta prima ti era sfuggito, gli orecchini, i pizzi degli abiti, il colorito degli zombi.
Sapete perché mi fanno così paura? Perché vanno a toccare una corda scoperta del mio subconscio, del mio scantinato: l’ansia, tutta infantile e stuporosa, di stare attento a dove mettevo i piedi. Al cimitero; perché ero certo che se avessi calpestato una tomba il morto al suo interno mi avrebbe sicuramente afferrato il polpaccio, e a casa, quando la sera tenevo i piedi ben nascosti sotto le coperte. Perché se le avessi lasciate ciondolare il mostro sotto al letto mi avrebbe trovato e afferrato. Ridete pure, ma la vera storia Horror fa esattamente questo: tocca col suo martello mortifero la corda del tuo pianoforte interiore facendola rimbombare nel silenzio del tuo stanzino segreto, quello dove nascondi le paure sciocche di quand’eri bambino. Sapevo benissimo che non erano cose reali. Ma stavo molto attento a dove li mettevo, quei piedi curiosi.
Sono fermamente convinto che Jhon Landis abbia costruito un piccolo capolavoro perfetto. Un opera spaventosa ed elegante allo stesso tempo, che nonostante sia figlia palese degli anni ottanta ancora oggi attrae spettatori e nuovi fan per Jako. La meraviglia di questi prodotti, almeno dal mio punto di vista, è proprio nel fatto di possedere uno stato dell’arte collaudato e ben rodato; di certo il cinema del XXI secolo ha il vantaggio di poter essere costruito attraverso la mediazione dei pixel e dell’informatica più selvaggia, ma è anche vero che l’obsolescenza dell’immagine cibernetica è molto più veloce e crudele. Il trucco c’è e si vede molto più che nel “trucco”. Gli effetti speciali hanno compiuto un balzo tecnologico in avanti senza precedenti in pochissimi anni; in fondo gli effetti visivi di Thriller utilizzavano le stesse premesse di film come Profondo Rosso o Nosferatu. Erano trucchi meccanici, trucchi che diventavano reali grazie alla bravura e alla tecnica dell’attore; e penso a Robert Englund in NIghtmare, per intenderci. Thriller mi fa paura perché appare più reale degli effetti speciali creati al computer. L’attore mascherato è spaventoso perché vive nel reame dell’uncanny valley di Moriana memoria; è un personaggio fittizio che si trasforma in realtà tangibile. Indubbiamente l’informatica rende possibile creare effetti inimmaginabili, ma appunto, falsi. La lampo sulla schiena del mostro a volte non la vedi, l’alta definizione invece ti frega alla grande.
Non mi sento di essere troppo critico con la modernità, sia chiaro, ma vedete, io sono un vecchio metalmeccanico cresciuto tra ingranaggi, cerniere lampo e vecchi vinili, cosa vi aspettavate? Nel mio cuore ci sarà sempre posto per i vecchi film con gattoni mannari, mostri lacustri, bidoni radioattivi, squali e belle fanciulle in costume bianco.
E per tutti i raduni notturni di vecchi cinefili fricchettoni e nostalgici….
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