Elogio dell’inevitabile, ovvero fenomenologia dell’Ispettore Derrick

 

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Cominciamo bene….

 

Abbiamo parlato poco fa della decana di tutte le ficcanaso, adesso invece è obbligo parlare del poliziotto dalla carriera televisiva più lunga della storia.

Se esiste un telefilm capace di durare nei secoli dei secoli televisionari, questo è sicuramente L’Ispettore Derrick.
E’ andato in onda dal 1974 al 1998 nella natia Germania e dal 1979 al 2000 in Italia…. certi matrimoni sono finiti molto prima! Nonostante tutto, il teutonico cacciatore di criminali per 25 (venticinque) stagioni ha lavorato indefessamente per mantenere ordine e stabilità nella nativa Monaco. A bordo di fiammanti BMW (e cos’altro?) ha sfrecciato lungo i canali RAI, Sky e della Cei, senza mai perdere il contatto radio con la centrale. Solo la nostra Signora Fletcher ha fatto meglio… almeno sino a che non si scoprirà qualche magagna della suddetta: magari da giovane sputava sui crocifissi evocando Bafometto e quindi verrà anch’essa eradicata dagli schermi una volta per tutte. Derrick, dall’americaneggiante nome, che in America non avrà mai fortuna, (invidiosetti, eh? No, è che lì non hanno senso dell’umorismo…) ma solo lì però; nel resto del mondo ha avuto un successo strepitoso di pubblico, ma un po’ meno di critica, verrà sempre considerato “noioso”…. la vox populi avrà la meglio facendolo trionfare come pochi altri anche nella critica, ma solo posteriormente.
Prima che il post mortem facesse venire a galla un ante famam poco edificante, (cioè una presunta affiliazione alle SS del commissarione più famoso della teutonica tele, Horst Tappert) Derrick non perdeva un colpo. Il suo sceneggiatore, tal Herbert Reinecker (anch’esso camerata?) metteva sempre velati riferimenti ai classici della letteratura, nel tentativo, forse, di creare un prodotto si di massa, ma che strizzasse l’occhio ai ben pensanti che nei bui anni settanta tedeschi storcevano ancora il naso dinnanzi ai telefilm. Quello che sappiamo con certezza è che per i suoi tempi L’Ispettore Derrick era un prodotto ben fatto. Le musiche erano sempre attuali, spesso molto belle (Pink Floyd, Gianna Nannini, Scialpi…) e ricercate; le storie, sempre ambientate nella medio alta borghesia monacense, mettevano in luce una disillusione verso la vita, una critica ad una società cannibale e crudele, una perdita dei valori del passato che Derrick provava a contrastare con ogni mezzo. Non era un cinico poliziotto senza cuore degno della STASI, ma un uomo, anzi un vero e proprio umanista, empatico e paradossalmente gentile.

Le storie spesso parlano di assassini per profitto, per vendetta, per lussuria, per impeto; la società è correa del colpevole, non rimane sullo sfondo: i giovani e la desolante dipendenza dalle droghe degli anni 70,80, la mancanza di rispetto verso gli anziani e i genitori, la prevaricazione dei diritti delle donne. Derrick è un uomo gentile e colto, che collabora sempre con lo stesso poliziotto, il povero Harry Klein, eterno giovane dall’aspetto anziano, che per avere una serie tutta sua ha dovuto aspettare il meritato pensionamento del suo capo.

Derrick ha anche una “amica speciale” che proprio come quello della Fletcher è medico, per l’esattezza psichiatra, (sarà un caso…) ma tutte le volte che sta per arrivare al dunque, ecco che il telefono squilla e richiama all’ordine il commissario… il nudo e il sesso in Derrick ci sono, anche se non hanno mai una carica erotica, ma solo una valenza per così dire, antropologica; il commissario non scambia più di un abbraccio, come a ribadire che si, è un empatico umanista, ma rimane pur sempre un poliziotto tutto d’un pezzo che deve sublimare la sua sessualità, che si riproduce per partenogenesi, che non ha sesso, proprio come i vampiri di espressionista memoria. Fa sesso con la psichiatra, ma a noi non è dato vederlo, lo “intuiamo”, ma con quanto squilla il telefono, dev’essere una cosa rara…

 

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Niente sesso, siamo teutonici!

 

L’ambientazione è decisamente Dark: è spesso notte o sera, sempre inverno con qualche concessione all’autunno, i night club e le discoteche sono sempre terribilmente decadenti, di quella decadenza tutta tedesca che ti aspetteresti a Berlino, le case sono moderne e molto chic e gli uffici sempre ariosi, dimostrazioni del potere di chi li occupa, anche se spesso poi la loro caduta verso il basso non potra’ essere attutita dalle silenziose moquette pelose, che sinceramente mi fanno sempre venire in mente dei bordelli di alto bordo. Il crimine non paga mai, Derrick è un incrocio tra Serpico e Callaghan al contrario: non spara mai, ma è disilluso e consapevole di cosa accade nel mondo.

Non c’è spazio per la comicità, non si ride mai a Monaco di Baviera (e che ridi? E’ sempre inverno, fa freddo, viene buio presto e l’Oktoberfest si fa una volta l’anno…) soprattutto al commissariato, tanto Germania Ovest, coi telefoni verde vomito, i muri marroncini e le lugubri scrivanie su cui campeggiano immense macchine per scrivere e luci pronte per essere sparate in faccia ai sospetti.

 

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Harry E Stephan (si, ha pure un nome l’ispettore!)

 

Nonostante questo, va detto che spesso sono prodotti ricercati, con una loro intrinseca raffinatezza, audaci primi piani, tagli, luce e buio, che sono sempre al servizio della verità. E’ una dura critica alla società tedesca di quegli anni, ma anche la rappresentazione di un mondo in attesa di evolversi verso il futuro, le persone cercano ancora un riscatto e l’attenzione dovuta; ci dicono che nonostante vivano in un paese sempre freddino dalle strade innevate anche loro sanno amare…

Negli anni Derrick è diventato l’icona degli anni del muro, della polizia infallibile, delle ambientazioni un po’ trash in stile Arancia Meccanica; prova che i tedeschi erano eccezionali costruttori di auto, ma pessimi in fatto di moda e cibo; ti viene pure il sospetto che facessero solo sesso spinto e spesso non consenziente e che per eccitarsi guardassero i treni sui binari. Ovviamente non era così (voglio evitare che i già tesi rapporti con la Germania si deteriorino ulteriormente) e lo sappiamo; ma qui si parla proprio di miti ed icone trash degli anni 70, come l’ombelico di Santa Raffaella da Bologna o Ercolino Sempre in piedi, e il nostro ispettore biondo è a pieno titolo tra queste reliquie miracolose. Citato in film d’autore (Grazie per la cioccolata di Claude Chabrol) e in film meno autoriali, pietra di paragone con tutta le televisione che verrà dopo e che inevitabilmente, anche se può sembrare strano, è in debito con lui e il suo impermeabile impeccabilmente marrone.
 E’ entrato nel costume, pensi a lui e rivedi la sua BMW, l’ufficio tetro, la neve e gli insopportabili stereotipi sugli immigrati italiani (solo Verdone puo’!!), sai che se uccidi tua suocera lui lo sapra’ solo guardando come ti sei allacciato le scarpe o i fondi del caffè da te appena consumato. E nonostante queste cose quando lo rivedi in tele senti ronzarti in testa il motivetto composto da Les Humpries, ti viene la nostalgia per i pantaloni a zampa, le moquette pelose e le giacche improponibili…. cambi canale, sperando di non imbatterti in Siska o nel Commisario Koster, perchè sarebbe tutto troppo surreale…

 

 

 

Categorie: Televisione, Televisione classica

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