Maddechéaò…. Come secernere agli esami: avanzi di maturità applicata

È inevitabile, non riesco a smettere di pensare a quegli anni.

Gli anni dei vestiti brutti, non più pacchiani e rumorosi (seppur indimenticabili) come nei cotonati anni ottanta; anni di frangette e ciuffi a banana che cercavano di raggiungere il cielo, di jeans (nuovamente) scampanati, quelli che oggi si definiscono, in maniera del tutto politicamente corretta, boot cut, di scarpe rotondeggianti con la zeppa e altre nefandezze simili.
Anni di magliette improponibili, di poster della Lancia Delta Integrale in ogni cameretta, gli anni dei nuovissimi lettori cd portatili, dei dischi degli Ace of Base, di Corona e (per fortuna) dei Nirvana. In tele c’erano I segreti di Twin Peaks e XFiles. Gli anni novanta.
Erano gli anni del Grunge di Seattle che scuoteva la scena rock, e che inevitabilmente portava cambiamenti e nuova linfa in un mondo sotterraneo  sempre in cerca di novità. E ovviamente il Grunge aveva in dotazione la sua divisa.

La magia finì (almeno per me) in giorno in cui la “rivista di musica e tendenza” Tutto pubblicò un articolo in cui si spiegava (non si sa bene a chi) in cosa consistesse la “divisa” del vero grunger: camicia a scacchi, jeans strappati, T shirt evocativa, anfibi, cuffia sugli occhi.
Avevano in certo qual modo cercato di neutralizzare il potere dirompente della paura: quella del Mutante. Il Mutante in questo caso è il figlio adolescente, che ciclicamente riappare (da bravo Manitou) in modi sempre (solo in apparenza) nuovi.
Poco prima era il metallaro, in pelle e borchie, pronto  a turbare i sogni dei poveri genitori che a loro volta furono lo spauracchio dei loro vecchi a causa dei Beatles e dei Rolling Stones.
Era il Natale del 1989 quando scoprii le gioie del possedere gli album con le copertine di Eddie, lo zombie più noto di sua maestà, che campeggia fiero su ogni disco degli Iron Maiden e anch’io in quel modo mi stavo trasformando nello spauracchio: diventavo adolescente.

Negli anni novanta l’Heavy Metal era ormai entrato nel folklore dei media; a quei tempi nei film e sui giornali il metallaro aveva sostituito il Punk, diventando una specie di creatura destinata alla dannazione nonché delinquente recidivo e pericolo assoluto per ogni ragazzo e ragazza in cui s’imbatteva. Se tuo figlio minore ascoltava quel frastuono assordante di certo era diventato un mostro proteiforme e Mutaforma che in breve tempo ti avrebbe ucciso di notte con un ascia e avrebbe mangiato i tuoi resti a colazione.
Il metallaro era uno spauracchio tale che era scontato diventasse protagonista della satira; i ragazzetti capelloni con magliette truci erano la fauna delle città, dei parchi pubblici e delle scuole di tutta Italia e Corrado Guzzanti ne trasse uno dei personaggi più divertenti e moderni di tutto il periodo: Lorenzo il metallaro.

Estate 1993, Avanzi di Serena Dandini; continuando a usare la metafora genitori-figli, viene cacciato via di casa Lorenzo, che da vita a Maddechéaò, come secernere agli esami, dove la povera Dandini cercava in ogni modo di preparare il giovane all’esame di maturità, “la matura”, come si diceva negli anni novanta. Lorenzo era talmente buzzurro e ignorante da riuscire a rasentare la genialità, era quello che potremmo definire un “idiota sapiente”o meglio, un genio dell’idiozia.
Ignorante all’inverosimile ma capace di vere e proprie perle come Nessuno, io mi chiamo. Nessuno è il nome che mi danno il padre e la madre e inoltre tutti gli amici. Perle che per lo studente dell’epoca erano saggezza.
“Matematica devi morire, latino devi morire, italiana devi morire, anglese devi morire, educazione devi morire, condotta (sì, un tempo era ‘na cosa seria) devi morire”: questa era la sigla, da standing ovation per chiunque avesse meno di diciotto anni, per ogni studente un passaggio obbligato verso la propria, di maturità.
Dante e Boccacci e l’Inferno di cristallo di Dante: un uomo va all’inferno, si fa n’giretto ed esce.
Non sapete cosa avrei pagato per dare la stessa risposta all’esame di stato prima, e all’esame di letteratura italiana all’università poi. A posteriori credo che non lo avrei mai fatto. No, non è vero, se potessi tornare indietro, lo farei, eccome.

Maddechéaò rimane un piccolo gioiello di Rai Tre, se vi capita, guardatelo.
Satira pungente, senza filtro, un Corrado Guzzanti scatenato che con dionisiaca anarchia irrompeva sugli schemi per divertire e inorridire; un bellissimo regalo da fare a i vostri genitori, se avete meno di sedici anni.
showposter

 

L’unica certezza che ho, di quegli anni novanta, è che nel mio cuore sono rimasto metallaro (Capofficina per sempre!) e che alla “matura” ero anch’io in “divisa” (spandex, T shirt di Master of puppets, camicia a scacchi stinta, Adidas ai piedi) e che Lorenzo, volente o nolente, era uno di noi.
Ho compreso di essere diventato un Grande Antico il giorno in cui, due anni fa, vidi in una vetrina del centro di Bologna un efebico (e giovanissimo) manichino con addosso dei jeans attillati e strappati, una stilosissima camicia a scacchi e una T shirt dei Metallica: esposto al museo del consumo e diventi inoffensivo, ti hanno neutralizzato, bello mio.
Ma forse significa, che in un modo o in un altro, sei passato alla storia…

 

Categorie: Grammofono, Personaggi, Televisione, Televisione classica

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